Tuesday, April 24, 2007

Di passaggio...

Pensieri ed emozioni ormai prendono forma e volume solo con il rumore del treno sulle rotaie, un rumore sempre più noto. E’ un tragitto che sta diventando familiare, eppure non ci sazia mai di immagini; una nuova luce, nuovi colori trasformano i soliti ruscelli, le case, i ponti e le distese in luoghi visti oggi per la prima volta.
Sto tornando a Gorizia, cittadina di confine e crocevia di culture vive e dormienti.
Sono stata alla laurea di Chupito, di un ingegnere sui generis per fortuna e ora si ritorna a quella che è la base fino a fine giugno.
Ad ogni stazione amori che si salutano, raccomandazioni e auguri di buon viaggio in tutte le lingue. Baci rubati ad un treno che sta per partire sullo scalino del vagone, l’ultima sigaretta prima di entrare, arrivederci a città, agli amici di sempre, a genitori premurosi e iperprotettivi, a chi attende il fischio del controllore per tornare alla vita di sempre scendendo i gradini verso l’uscita della stazione.
Treni in ritardo, treni in orario, corse con valigie, sospiri di sollievo, biglietti non timbrati, coincidenze perse…
Volassero, passassero così veloci i pensieri di sempre, con la velocità di un treno regionale che sotto il sole di aprile attraversa campi di grano ancora verdi, terre arse e prati primaverili.
Li portasse via il treno che all’improvviso sfreccia sul binario accanto, davanti agli occhi di chi ama scrivere guardando fuori dal finestrino, di chi nega minuti al libro che ha tra le mani per ammirare paesi in fiore e i papaveri che punteggiano prati abbandonati.
Non ci si sente soli sul treno ma si ha il timore di sentirsi soli nel luogo che ci attende, nella stazione d’arrivo.
Tornare a Gorizia è tornare indietro nel tempo. Mi assale l’idea della stabilità, del non mutabile, dell’immobile. Non è un treno che va avanti questo, ma un treno del ritorno, che fa un rewind.
Vorrei restare su questo treno e attendere che cambi direzione.
Bruciare quest’ansia del rientro che cresce ad ogni stazione annunciata. E’ il senso del dovere il problema e i problemi, lo stress che mi legano a Gorizia. Gli spazi troppo stretti, gli ambienti accademici, il vedere che nulla è cambiato, tutto è immobile.
Mi consola l’immagine di poche e buone amiche che mi attendono…chi alla stazione, chi nella sua stanza.
Ma soprattutto, e dico soprattutto, mi dà sollievo sapere che questo è un luogo provvisorio, di passaggio, solo di passaggio.

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